Lettera da L’Aquila

Questa lettera è stata scritta da Andrea Gattinoni*, un attore che si
trovava a L ‘Aquila per presentare un film. Le parole sono dirette a
sua moglie ma rappresentano un’efficace testimonianza per tutti quelli
che a L ‘Aquila non ci sono ancora stati.
*Andrea, per chi non se lo ricordasse era uno degli interpreti del recente film Si può fare con Claudio Bisio, su un gruppo di “pazzi”.

Oggetto: HO VISTO L ‘AQUILA
Lettera a mia moglie scritta ieri notte
Ho visto l ‘Aquila. Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case
distrutte, il gelo fra le rovine. Cani randagi abbandonati al loro
destino. Un militare a fare da guardia a ciascuno degli accessi alla
zona rossa, quella off limits.
Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli. Ho mangiato nell’unico
posto aperto, dove va tutta la gente, dai militari alla protezione
civile. Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i
pomodori e gli affettati.
Siamo andati mentre in una tenda duecento persone stavano guardando
“Si Può Fare”. Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, Anna
Maria, Franco e la sua donna. Poi siamo tornati quando il film stava
per finire. La gente piangeva. Avevo il microfono e mi hanno chiesto
come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia
di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.
Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore. Chi ha
perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca,
stanno malissimo. Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della
protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso,
anche nel cuore della notte,
per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo.

Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli
serve. Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi,
con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la
parola “cazzeggio”. A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è
oscurato. La città è completamente
militarizzata. Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno
dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno
accoltellato uno. Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la
città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero
e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi conto di cosa succederà a
questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi loro
elicotteri e le loro auto blindate? Là ???? Per entrare in ciascuna
delle tendopoli bisogna subire una
serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco
fossero delinquenti, anche
solo per poter salutare un amico o un parente.
Non hanno niente, gli serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto
internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da
ginnastica. Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso
duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L
‘Aquila.
Poi c ‘è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le
tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare
qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto. E ‘ come se avessero
voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a
stordirsi di qualunque cosa,
l’importante è che all’esterno non trapeli nulla. Berlusconi si è
presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio. Il
ragazzo che me l ‘ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore
di pentole. Qua i media dicono che là va tutto benissimo. Quel ragazzo
che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi
adulti, a qualche anziano, mi ha detto che “quello che il Governo sta
facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere
come si fa a tenere prigioniera l ‘intera popolazione di una città,
senza che al di fuori possa trapelare niente”. Mi ha anche spiegato
che la lotta più grande per tutti là è proprio non impazzire. In tutto
questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non
c ‘è più, tutto perduto.
Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre
chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perchè
i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera. C ‘era un
silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di
zombie. E poi quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di
persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere
andato là. Ci voglio tornare. Con quella luna gigantesca che mi
guardava nella notte in fondo
alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei
voluto buttarmi al tuo collo
per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo
mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e
fuori c ‘erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al
bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli “Assaggi,
assaggi”. Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando
insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finchè Michele non
l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: “Non bisogna perdere
le buone abitudini”.
Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
Anzi metto in rete questa mia lettera per te.

Andrea Gattinoni, 11 maggio notte

Non me lo so spiegare…io

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16 Risposte to “Lettera da L’Aquila”

  1. Gigi Sulla Says:

    Vi riporto il commento di un testimone diretto, il giornalista Pino Scaccia.

    “Era stata postata da un'”amica”, se non sbaglio, qui nella pagina pubblica una lettera di un tale attore sul terremoto dell’Aquila. Mi si chiedeva un parere, l’ho dato: decisamente negativo. Il mio brutto vizio è di dire sempre quello che penso: lo scritto era banale e falso. La lettera è sparita. Complimenti. Auguro a quel signore di trovare autori migliori.”

    Per chi volesse leggersi alcuni scambi con il giornalista può andare qui:
    http://www.facebook.com/pinoscacciafans?v=feed&story_fbid=89734472492&ref=mf

    Se interessa anche il mio parere, ritengo la cosa un po’ esagerata…
    Come si fa ad es. a oscurare i navigatori satellitari?
    Inoltre, in occasioni di difficoltà simile, come si pensa che si reagisca a livello psicologico?

    Tra dieci giorni sarò per altri motivi in Abruzzo.
    Se riesco verificherò direttamente.
    Ciao

  2. beppe cremagnani Says:

    Anche a me è arrivata via mail da un amico di cui mi fido molto. Non so che dire chi ha scritto la lettera si firma con nome e cognome, la sua non voleva essre un’inchiesta giornalistica ma un insieme di impressioni e penso che sia stato sincero. Del resto dall’ Abruzzo abbiamo un’informazione di regime, mi scusi PIno Scaccia ma il TG1 non brilla per coraggio giornalistico. Il fatto che la gente non abbia votato, che i soldi stanziati per la ricostruzione siano insufficienti, le tendopoli che non si sa quando saranno smontate, non depone a favore di una bella situazione. Fammi sapere dall’Abruzzo

  3. Rossella Says:

    Non so, sinceramente… Si rischia di diventare paranoici. Non possiamo permettercelo con un governo da operetta. Forse stiamo sopravvalutando il “regime”. Questo non è neppure un regime. E’ solo un merdaio di ministri incapaci e incompetenti.
    Non dovevamo lasciare che Berlusconi si prendesse 5 mesi di tempo per costruire le casette di legno, lasciando intanto la gente a soffocare nelle tende. Non è umano.
    Avremmo dovuto prendere posizione (avrebbero dovuto prenderla i partiti dell’opposizione, anzichè rincorrere le stronzate delle veline) e imporre che in Abruzzo portassero nel frattempo i containers: si possono noleggiare, sono isolati termicamente, sicuramente sono più funzionali delle tende.
    Non c’è stata una proposta alternativa a quella del “premier” sulla sistemazione dei terremotati.
    Nel terremoto dell’80 in Irpinia e Basilicata non c’era ancora Bertolaso, ma ricordo che dopo 1 mese nelle tende non ci stava più nessuno. Nell’attesa delle casette di legno, gli sfollati furono sistemati nei containers o nelle roulotte.
    Per il resto, prescindendo dalla drammaticità della testimonianza che hai pubblicato, penso che le responsabilità siano tante. Di tutti.
    Quando Berlusconi impazza, noi lo seguiamo nell’impazzimento. Invece basterebbe che con voce ferma, tutti, dicessimo “questa cosa non va bene così, vogliamo che invece sia così”. E cominciassimo a battere i piedi e, se il caso, la testa. Meglio sfasciarcela che piangerci addosso inutilmente.

    • Andrea Olimpi Says:

      Ciao Rossella, solo una cosa.Hai citato Iripinia e Basilicata, dove sono rimasti nei container per anni.
      Forse per certi aspetti la popolazione aquilana ha fatto bene nel pretendere le tende e poi le casette, è comunque un modo di non rimanere a guardare e costringere chi di dovere ad agire.
      Non si possono lasciare nelle tende chissà quanto, quindi per forza vanno fatte prima possibile le casette di legno. Con i container coibentati si rischiava che, essendo nei container, i tempi si dilatassero ancora di più.

  4. Andrea Olimpi Says:

    Sinceramente la lettera di Gattinoni la ritengo esagerata e mi allineo al commento di Pino. Non ho idea di quale L’Aquila abbia visto Gattinoni o di quale film stia parlando a sua moglie. Siamo a L’Aquila per portare aiuti dal 14 di Aprile, fuori dubbio che di problemi ce ne siano molti, fuori dubbio che la popolazione ma anche gli amministratori locali siano fortemente indignati, ma questa situazione che dipinge Gattinoni sembra un film di fantascienza.
    La cosa più banale? Se non mi funzionasse il navigatore satellitare da due mesi, non avrei saputo assolutamente come muovermi da un paese all’altro e da una tendopoli all’altra.
    Sicuramente in alcuni campi ci sono situazioni di maggior tensione, ma penso sia normale concentrando un’elevata quantità di persone che vivono nel disagio in uno spazio piccolo. si litiga in casa tra parenti a volte solo per chi occupa per primo il bagno, figuriamoci se devi fare un’ora di fila per mangiare.
    Diverse tendopoli sono state smontate o cominciano ad esserlo, molte persone stanno rientrando nelle case, una quantità di locali e ristoranti hanno riaperto.
    La situazione di emergenza c’è, dobbiamo mantenere alta la guardia e l’attenzione e non dobbiamo assolutamente dimenticare e lasciarli soli, ma fare della cronaca-spettacolo di questo genere non serve a nessuno se non ad ingenerare stati di allarmismo inutile e ulteriore nervosismo.
    Fuori dubbio che andare a L’Aquila oggi, anche dopo due mesi, fa male dentro e lascia un segno forte e probabilmente indelebile, quindi è accettabile capire lo stato emotivo di chi racconta, ma tutto va misurato e riportato nel modo giusto, perchè la gente deve sapere la verità.
    Raccontare in questo modo è esattamente come quello che scrive Beppe riguardo “l’informazione di regime”, soltanto dalla parte opposta.
    La prossima volta che Gattinoni vorrà fare un giro a L’Aquila, con quella grande luna a illuminare la strada, ce lo dicesse così lo accompagnamo a vedere com’è messa la città e come stanno le persone.

    • governareconlapaura Says:

      Ok mi pare sensato quello che scrivi e soprattutto c’è da crederci visto la tua esperienza. L’impressione però è che man mano che passa il tempo le persone vengano lasciate sempre più sole a risolvere i problemi. In genere noi siamo molto bravi a risolvere l’emergenza, molto meno bavi a gestire la ricostruzione. I media poi hanno smesso di ineressarsi al problema e questo rende tutto più complicato e oscuro

      • Andrea Olimpi Says:

        Tutto vero! Hai perfettamente ragione lo condivido e ti dico che le cose stanno esattamente come dici.
        Per questo, almeno personalmente e nel piccolo, continuo ad andare e raccontare quello che vedo e sento.
        Sempre per questa ragione ritengo che sia utilissimo e importante che, anche mezzi piccoli in termini di persone che ne usufruiscono, come il blog o facebook o similari, continuino a parlarne.
        Però deve essere fatto nel modo giusto e dicendo la verità.

  5. virginie Says:

    scusate la banalità, ma invece di sputare sulla lettera non sarebbe più facile contattare andrea gattinoni, visto che è, relativamente, celebre e che ha un nome e un cognome? mo’ ci provo

    • governareconlapaura Says:

      Virgine le tue sono parole piene di buonsenso. Ho letto l’intervista e mi pare chiara la buonafede di chi ha scritto la lettera. Quelle sono le sue impressioni, non pretendeva di fare un’inchiesta giornalistica ma mi pare che le sue impressioni raccontino la realtà di chi a tre mesi dal terremoto continua a vivere in tenda in una zona “protetta” quindi a libertà limitata e senza prospettive di riottenere di nuovo una casa e un lavoro. Chiunque in quelle condizioni tenderebbe alla pazzia

  6. virginie Says:

    beh, intanto c’è un’intervista posteriore alla lettera qui: http://politicaesocieta.blogosfere.it/2009/05/terremoto-lettera-da-laquila-protezione-civile-contro-internet-tom-tom-oscurati-e-g8-indesiderato-pa.html

  7. Rossella Says:

    Condivido anch’io: siamo bravi a risolvere l’emergenza e molto meno la ricostruzione.
    In Irpinia e Basilicata l’emergenza nei containers è durata anni, concordo con Andrea, ma non tanto per i tempi lunghi dei finanziamenti quanto per gli appetiti della mafia.
    Senza contare che appena i containers venivano svuotati, c’era pronta un’altra ondata di occupanti: quelli che una casa non ce l’avevano neanche prima del terremoto.

  8. Il dramma dell'Aquila a Roma: sit in e proteste - Pagina 4 - Politica in Rete Forum Says:

    […] […]

  9. matteo contessi Says:

    …penso che andrea gattinoni sia rimasto molto colpito in mezzo a una tragedia e non abbia capito i comportamenti e le realtà che lo circondavano. ma figurati se si vuole sperimentare la prigionia di un paese! addirittura il tom tom… questa per me è una lettera scritta in un momento di panico in mezzo a una tragedia.

    • governareconlapaura Says:

      rendo pubblica la risposta di un volontario di Emergency che sta lavorando fra i terremotati in Abruzzo e ha letto la lettera di Gattinoni

      Fabio Nanti lavora ad Emergency ed è una persona molto affidabile
      ha letto la lettera di Andrea e queste sono le sue impressioni

      Luisa Garcia

      ciao.
      dunque: io in abruzzo ci sono stato dal 13 aprile al 30 maggio. ho
      lavorato al com (centro operativo misto) di paganica a “copertura” di
      un territorio costituito da 10 frazioni del comune di l’aquila: da sud
      a nord, san gregorio, onna, paganica, tempera, bazzano,
      pescomaggiore, filetto, camarda, aragno e assergi.
      ho girato su 18 tendopoli con 4200 sfollati, 630 tende, 19
      tensostrutture sociali, 245 wc chimici, etc.
      ho svolto una funzione di raccordo tra le risorse in campo per la
      soluzione di necessità derivanti dal funzionamento degli impianti:
      acqua, energia elettrica e scarichi reflui.
      pur essendo “discattato in loco” da emergency, giravo con la divisa
      della protezione civile volontariato (quella gialla e blu).

      introduco con dei dati per dire che ho girato a mille all’ora tutti i
      giorni “occupandomi poco” della popolazione nelle tendopoli.
      ciò non toglie l’averci vissuto, con tutti i canali percettivi
      funzionanti … cioè lo scritto di andrea mi pare eccessivo, con dei
      luoghi comuni e comunque frutto di una impressione episodica che
      comprendo benissimo.

      intanto un punto sul quale fare chiarezza: quelli della protezione
      civile. gli stipendiati del dipartimento nazionale sul campo sono al
      massimo una cinquantina e non presidiano i campi. quelli che
      presidiano i campi sono i volontari delle colonne regionali, gente
      come noi. faccio fatica ad immaginare dei volontari che fanno
      censimento notturno e sistematico entrando nelle tende, l’avessero
      chiesto a me non l’avrei fatto. altra cosa è il “controllo di ordine
      pubblico”: questo può capitare anche di notte e può essere demandato
      al responsabile del campo, pur rimanendo nelle competenze dei pubblici
      ufficiali preposti. nei casi a me noti (due) è successo a seguito di
      segnalazioni fatte dai vicini (di tenda).

      vero è che nei campi il tessuto sociale è compresso in pochissimo
      spazio, detenuti in regime di reclusione domiciliare compresi … per
      dire che “la società” comunemente intesa si concentra nelle dimensioni
      spazio-tempo: i dissapori di paese che diventano scazzottate, gli
      animi esacerbati permanentemente, la radicalizzazione delle antipatie
      e quindi anche gli accoltellamenti tra rivali sono problemi che si
      cerca di gestire dalle prime settimane, con risultati alterni e
      funzionali al personale disposto in campo per qualità e quantità.

      però, che i militari “hanno fatto entrare” stupefacenti per
      narcotizzare mi pare una minchiata gigante … perchè presuppone una
      predisposizione della popolazione che non ho mai notato, sebbene
      l’abbia vista e conosciuta in condizioni di shock post-traumatico.

      i problemi degli sfollati sono altri: sapere dove mettere le “cose di
      casa” che si sono salvate; sapere se e quando partirà la fase delle
      demolizioni e dei puntellamenti; sapere quanti soldi sono previsti per
      le ristrutturazioni e come reperirli; sapere se sono previsti dei
      soldi per i beni persi (mobili, automobili, stoviglie, vestiti,
      corredi di casa). avere in tenda solo il proprio nucleo famigliare,
      fare l’amore, studiare, dormire, ma specialmente sapere come
      trascorrerà l’inverno che, a 750 mt sul livello del mare, inizia dopo
      ferragosto.
      poi c’è tutta la questione sulle attività produttive: quando e come
      sostituire la macchina dei soccorsi con la filiera produttiva locale?
      e nel caso ripartisse l’attività produttiva, chi pagherebbe le
      commesse?

      la militarizzazione c’è dal primo giorno e centra poco con il g8, per
      il quale la digos con le relative attivazioni s’è trasferita dalla
      sardegna all’abruzzo dal momento stesso in cui è stata resa nota la
      decesione.
      la militarizzazione è conseguenza di una scelta politica ben precisa:
      il decreto per l’emergenza nomina commissario il responsabile del
      dipartimento di protezione civile; per quel che ne so è la prima volta
      che succede in un territorio così vasto. in tutte le altre emergenze
      di vasta portata, il commissario nominato è sempre stato il presidente
      della regione, che disponeva in campo l’assetto amministrativo degli
      enti locali (regione, province e comuni). questo assetto è saltato:
      i responsabili delle funzioni di assistenza sono militari, di tutte le
      funzioni, sia quelle rivolte alla popolazione che quelle amministrative
      (p. es.: per la messa a norma degli impianti elettrici nelle tendopoli,
      ho ricevuto disposizioni e riferito esiti a un colonnello
      dell’esercito, il resposabile del “mio” com).
      è la pratica dell’idea che un amministratore democraticamente
      delegato, pur essendo uomo delle istituzioni al momento dell’evento
      sismico, di fatto viene considerato incapace e inaffidabile.
      in abruzzo succede che il fornitore, il richiedente e il pagatore di
      ogni servizio/appalto sono la medesima persona (giuridica, si
      intende): dal giornalismo embedded all’amministrazione embedded, a
      parer mio questa è la brutta faccenda da approfondire.

      infine: nei campi quelle che ti si fanno incontro sono le
      personalità più spiccate, a volte eccesivamente spiccate, fino alla
      postura questuante su tutto e con tutti. se non si ha il tempo
      dell’approfondimento e della verifica è facile rimanere impigliati
      in impressioni fuorvianti, è il clima pesante e sospeso della tragedia
      che lo induce.
      questo occorre sapere: hanno predisposto il ricovero dei beni privati
      utilizzabili? hanno iniziato la rimozione delle macerie? hanno
      iniziato le demolizioni degli edifici pericolanti? hanno iniziato i
      puntellamenti? hanno iniziato le ristrutturazioni? hanno organizzato
      il trasferimento delle risorse economiche alla popolazione? si conosce il
      fabbisogno di nuclei abitativi? sono iniziate le urbanizzazioni degli
      insediamenti temporanei? come verrà attuata la prevenzione antisismica
      in abruzzo?

      a presto, fabio

      Fabio Nanti lavora ad Emergency ed è una persona molto afidabile
      ha letto la lettera di Andrea e queste sono le sue impresioni

      Luisa Garcia

      ciao.
      dunque: io in abruzzo ci sono stato dal 13 aprile al 30 maggio. ho
      lavorato al com (centro operativo misto) di paganica a “copertura” di
      un territorio costituito da 10 frazioni del comune di l’aquila: da sud
      a nord, san gregorio, onna, paganica, tempera, bazzano,
      pescomaggiore, filetto, camarda, aragno e assergi.
      ho girato su 18 tendopoli con 4200 sfollati, 630 tende, 19
      tensostrutture sociali, 245 wc chimici, etc.
      ho svolto una funzione di raccordo tra le risorse in campo per la
      soluzione di necessità derivanti dal funzionamento degli impianti:
      acqua, energia elettrica e scarichi reflui.
      pur essendo “discattato in loco” da emergency, giravo con la divisa
      della protezione civile volontariato (quella gialla e blu).

      introduco con dei dati per dire che ho girato a mille all’ora tutti i
      giorni “occupandomi poco” della popolazione nelle tendopoli.
      ciò non toglie l’averci vissuto, con tutti i canali percettivi
      funzionanti … cioè lo scritto di andrea mi pare eccessivo, con dei
      luoghi comuni e comunque frutto di una impressione episodica che
      comprendo benissimo.

      intanto un punto sul quale fare chiarezza: quelli della protezione
      civile. gli stipendiati del dipartimento nazionale sul campo sono al
      massimo una cinquantina e non presidiano i campi. quelli che
      presidiano i campi sono i volontari delle colonne regionali, gente
      come noi. faccio fatica ad immaginare dei volontari che fanno
      censimento notturno e sistematico entrando nelle tende, l’avessero
      chiesto a me non l’avrei fatto. altra cosa è il “controllo di ordine
      pubblico”: questo può capitare anche di notte e può essere demandato
      al responsabile del campo, pur rimanendo nelle competenze dei pubblici
      ufficiali preposti. nei casi a me noti (due) è successo a seguito di
      segnalazioni fatte dai vicini (di tenda).

      vero è che nei campi il tessuto sociale è compresso in pochissimo
      spazio, detenuti in regime di reclusione domiciliare compresi … per
      dire che “la società” comunemente intesa si concentra nelle dimensioni
      spazio-tempo: i dissapori di paese che diventano scazzottate, gli
      animi esacerbati permanentemente, la radicalizzazione delle antipatie
      e quindi anche gli accoltellamenti tra rivali sono problemi che si
      cerca di gestire dalle prime settimane, con risultati alterni e
      funzionali al personale disposto in campo per qualità e quantità.

      però, che i militari “hanno fatto entrare” stupefacenti per
      narcotizzare mi pare una minchiata gigante … perchè presuppone una
      predisposizione della popolazione che non ho mai notato, sebbene
      l’abbia vista e conosciuta in condizioni di shock post-traumatico.

      i problemi degli sfollati sono altri: sapere dove mettere le “cose di
      casa” che si sono salvate; sapere se e quando partirà la fase delle
      demolizioni e dei puntellamenti; sapere quanti soldi sono previsti per
      le ristrutturazioni e come reperirli; sapere se sono previsti dei
      soldi per i beni persi (mobili, automobili, stoviglie, vestiti,
      corredi di casa). avere in tenda solo il proprio nucleo famigliare,
      fare l’amore, studiare, dormire, ma specialmente sapere come
      trascorrerà l’inverno che, a 750 mt sul livello del mare, inizia dopo
      ferragosto.
      poi c’è tutta la questione sulle attività produttive: quando e come
      sostituire la macchina dei soccorsi con la filiera produttiva locale?
      e nel caso ripartisse l’attività produttiva, chi pagherebbe le
      commesse?

      la militarizzazione c’è dal primo giorno e centra poco con il g8, per
      il quale la digos con le relative attivazioni s’è trasferita dalla
      sardegna all’abruzzo dal momento stesso in cui è stata resa nota la
      decesione.
      la militarizzazione è conseguenza di una scelta politica ben precisa:
      il decreto per l’emergenza nomina commissario il responsabile del
      dipartimento di protezione civile; per quel che ne so è la prima volta
      che succede in un territorio così vasto. in tutte le altre emergenze
      di vasta portata, il commissario nominato è sempre stato il presidente
      della regione, che disponeva in campo l’assetto amministrativo degli
      enti locali (regione, province e comuni). questo assetto è saltato:
      i responsabili delle funzioni di assistenza sono militari, di tutte le
      funzioni, sia quelle rivolte alla popolazione che quelle amministrative
      (p. es.: per la messa a norma degli impianti elettrici nelle tendopoli,
      ho ricevuto disposizioni e riferito esiti a un colonnello
      dell’esercito, il resposabile del “mio” com).
      è la pratica dell’idea che un amministratore democraticamente
      delegato, pur essendo uomo delle istituzioni al momento dell’evento
      sismico, di fatto viene considerato incapace e inaffidabile.
      in abruzzo succede che il fornitore, il richiedente e il pagatore di
      ogni servizio/appalto sono la medesima persona (giuridica, si
      intende): dal giornalismo embedded all’amministrazione embedded, a
      parer mio questa è la brutta faccenda da approfondire.

      infine: nei campi quelle che ti si fanno incontro sono le
      personalità più spiccate, a volte eccesivamente spiccate, fino alla
      postura questuante su tutto e con tutti. se non si ha il tempo
      dell’approfondimento e della verifica è facile rimanere impigliati
      in impressioni fuorvianti, è il clima pesante e sospeso della tragedia
      che lo induce.
      questo occorre sapere: hanno predisposto il ricovero dei beni privati
      utilizzabili? hanno iniziato la rimozione delle macerie? hanno
      iniziato le demolizioni degli edifici pericolanti? hanno iniziato i
      puntellamenti? hanno iniziato le ristrutturazioni? hanno organizzato
      il trasferimento delle risorse economiche alla popolazione? si conosce il
      fabbisogno di nuclei abitativi? sono iniziate le urbanizzazioni degli
      insediamenti temporanei? come verrà attuata la prevenzione antisismica
      in abruzzo?

      a presto, fabio

  10. tomate :: :: June :: 2009 Says:

    […] tengo a segnalare questa lettera. Mentre dall’Iran siamo costantemente aggiornati sullo stato della protesta tramite […]

  11. governareconlapaura Says:

    Hai perfettamente ragione siamo più informati di ciò che accade in Iran che di quello che succede all’Aquila o a Chiiano

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